All'unisono



  Sono a New York da questa mattina, ma non capisco perché! Eppure ero partito da Foz do Iguaçu per andare in Messico a Union de Tula per accompagnare i miei atleti ai Pan-Americani e mi sono ritrovato dopo nove ore di volo  in questa capitale del mondo al "Newark  Liberty International Airport" che funziona praticamente solo per la United Airlenes, con tanti americani che vanno da una parte all’altra dell’America. Eppure il Mexico è, sì a nord del Brasile, ma a sud degli Stati Uniti. Mai e poi mai avrei immaginato di disorientarmi in questo cammino di avvicinamento alla meta prestabilita! 
Che ci sto a fare qui non lo so. Ora sto solo aspettando che nel tardo pomeriggio ci rimbarchino  su un altro aereo per avvicinarci all’obiettivo da raggiungere.  Prima a Houston, poi, speriamo, a Città del Mexico. Fusi orari che non riesco più a controllare. Spero di non perdere l’ora per tornare nei cieli. Frastornato, affamato di cose nostre, con pensieri che sono ben lontani dall’orizzonte, segnato dai grattacieli di Manathan, mi salva la tecnologia. Così in un attimo sono seduto sul salone di casa accanto ad Amur a parlare di noi. A guardarci dentro, ad approfondire ogni respiro, a capire perché il cuore batte all’unisono. Siamo sempre affannosamente  alla ricerca di noi stessi, cercando conferme che sembrano non aver mai fine, che non sembrano mai abbastanza. Una sete di noi che rallenta solo quando riusciamo a stare assieme perché allora i nostri spazi, le nostre parole dette o scritte sono sostituite dagli sguardi, dalle carezze, dai baci e dai sorrisi.  Amur ha ragione bisogna vedere in ogni cosa, buona o cattiva che sia, il positivo. Sia nei confronti del passato, del presente e del futuro è lì che sta il segreto del nostro vivere. 

Passa gente di ogni tipo. Ci sono i piloti che nelle loro divise segnate dai gradi d’orati sulle maniche mi proiettano in dimensioni strane. Alzo lo sguardo vedo aerei decollare in continuazione che portano lontano  persone che fino a qualche momento prima erano sedute qui accanto a me. Si svuota la sala d’attesa, poi piano piano ritorna a riempirsi con altre persone che sostituiscono le precedenti e che voleranno anche loro verso nuove mete. Ma non cambiano le storie, non cambiano le vite, non cambiano i comportamenti. C’è chi ricarica il telefono, chi legge, chi parlotta con il suo compagno di viaggio, chi beve tazzoni di caffè, chi invece lo trovi immerso nei suoi pensieri. Mi piacerebbe entrarci dentro e scoprire la mente umana dove porta. Che ci fa il signore con in capelli bianchi, la giacca blu con la camicia a scacchi seduto difronte a me? E il ragazzo di colore con la felpa con la scritta “DREAM” e  con cuffie per la musica così enormi da renderlo quasi buffo?  “Departure flight information” un mega schermo con le destinazioni. Qui è organizzato in ordine alfabetico per città e non con l’orario di partenza. Ad esempio per  Houston da questa mattina sono partiti cinque voli, più o meno ogni ora. Ma quanti siamo e in quanti voliamo, sembra di essere in un formicaio dove tutte le formiche sanno esattamente dove muoversi e che cosa fare. Sono a New York ora, ma fra altre dieci ore sarò a Houston dove avrei dovuto esserci già dalle 12. Non potevano imbarcare le canoe sul diretto da San Paolo così hanno pensato bene di mandarci qui sù... così, come se niente fosse,  per trovare una soluzione al problema ci fanno volare su aerei grandi per farci stare le canoe e noi con loro. Come gira il mondo! Per fortuna che Amur ci azzecca anche nella scelta dei libri da regalarmi e così eccomi immerso nella lettura del  libro di Sandro Leporini su Gaber... si ritorna alla ricerca se stessi! 

Occhio all'onda! 

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