Che bello pagaiare!


Non c’è nulla da fare: dopo aver pagaiato sul canale mi sento un leone! Che bello tenere la pala in acqua a ridosso di una risalita, ascoltare la coda che entra nell’acqua, gira e si carica al punto giusto per poi spingerti fuori dalla porta con velocità. La punta si affaccia alla corrente, tu cambi angolo, sposti il peso in avanti e sali sul treno che ti porta alla porta successiva. Semplicemente magico! Tengo la pagaia alzata... mi godo questo momento che vale per l’eternità. Le ragazze ferme nella morta mi guardano e ridono, capiscono che sono felice. Forse stiamo entrando in sintonia condividendo la forza dello spirito dell’acqua che corre.
Penso che si è capito che oggi ho pagaiato sul canale qui a Foz do Iguaçu e mi risento carico di energia.
Avevo infatti proposto alle mie due atlete di andare a lavorare in acqua, mentre gli altri ragazzi erano di riposo, per approfondire, o meglio, per apprendere il lavoro di gambe quando si fa saltare il proprio scafo su onde e riccioli. Insomma per non farsi inghiottire da ritorni d’acqua che fanno perdere tempo e direzione. Purtroppo questo gesto non l’ho trovato naturale in loro e in modo specifico per il settore femminile sembra essere sconosciuto.
Per la mia generazione era il pane quotidiano, la ragione è semplice. Noi abbiamo imparato ad andare in canoa sui fiumi. Ci siamo allenati macinando chilometri e chilometri sul fiume Noce. Questo torrente lo abbiamo scoperto ed esplorato da Pellizzano al lago di Santa Giustina con le nostre barchette in vetroresina... correva l’anno 1977. Abbiamo proseguito a pagaiare poi per il mondo e quando era possibile tra gli allenamenti preferiti c’erano proprio le lunghe discese scoprendo rapide nuove e seguendo l’istinto per navigarle. Quando vai su un fiume con la slalom non ti puoi permettere errori, passeresti il resto della giornata a fare resina per riparare i danni. Quindi scendevamo con molta cura, pennellando i sassi e quando ti trovavi davanti allo sconosciuto cercavi di saltarlo per evitare di trovare brutte sorprese magari proprio dietro ad un onda o ad un ritorno d’acqua. Eravamo sempre in agguato. Lo sguardo proiettato sull’onda successiva, mentre la pagaia sondava acqua ed eventualmente anche il fondale. E’ lì che abbiamo capito come evitare il pericolo: stare sempre in allerta, pronti a tutto e in caso di necessità saltare! Saltare, saltare sopra un ricciolo, saltare via un sasso, saltare un’onda, saltare quello che non ti ispirava fiducia. La tecnica è quella di oggi: ci si prepara con la pala in acqua, si inclina la canoa da quella parte, si aspetta il momento giusto, si pagaia e contemporaneamente si spinge forte con il piede. Attendi un nano secondo ed inizi a decollare! Bell’emozione, bel gesto, bella sensazione. Se lo fai bene non ti bagni neppure la faccia anche su onde giganti o buchi immensi.
I giovani d’oggi ormai non vanno più per fiumi, si è perso il senso dell’avventura fra gli slalomisti. Oggi sui canali non ci sono più sorprese, si conosce tutto prima di scendere e il livello di attenzione si è spostato su altri elementi. Io però oggi mi sono divertito a saltare da un’onda all’altra, da un buco ad un ricciolo, a sfiorare i sassi aspettando che il reflusso mi allontanasse. Ho cercato di raccontare alle mie ragazze tutto ciò scrivendolo sull’acqua con la mia canoa, con la mia pagaia e con il mio corpo.
Domani dobbiamo tornarci sopra, so che ci vorrà tempo, ma ringraziando il cielo non ci dovrebbe mancare.
Resto in tema e vi raccomando di non perdervi questo video fantastico
Fantastico per tre motivi.
Il primo è che è realizzato con grande maestria.
Il secondo è che mi riporta ai miei tempi quando, come dicevo prima, passavamo ore a discendere torrenti e fiumi.
Il terzo motivo è il messaggio che i due artisti della pagaia come Mike Dawson e Vavrinec Hradilek ci regalano. Loro stanno puntando ai giochi Olimpici di Londra. Il kiwi è già qualificato, mentre il ceco deve vedersela con le selezioni che avrà in aprile-maggio a casa. Ma al di là di tutto ciò si stanno allenando con un concetto che Alviano Mesaroli mi aveva messo nella testa tanto tempo fa quando ero ancora atleta e lui mi dava una mano a vedere oltre il mio naso. In sostanza mi allenavo per passare le selezioni sul fiume Noce e allora lui mi disse: “metti le porte alla segheria, allenati lì e poi non avrai più problemi”. E così fu! Beh godetevi il filmato non voglio aggiungere altro per non rovinarvi la sorpresa.

Occhio all’onda!

P.S. lo so per qualcuno la segheria è ben altra cosa per la mia generazione rappresentava la rapida più bella, interessante, emozionante e mistica di ogni altra! Oggi non c’è praticamente più ha lasciato il posto alla ciclabile e alla ferrovia. Resterà però sempre dentro i cuori di quei ragazzi che sul Noce hanno vissuto intensamente la loro gioventù.

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