AMARCORD DISCESA


Questa mattina ho faticato non poco a tirarmi su dal letto, l’aria condizionata ti fa dormire bene e a metà notte devo anche coprirmi con un lenzuolo. Alzarsi di buon ora per andare a Valstagna a vedere all’opera i ragazzi e i master ai campionati italiani sprint sembrava, alla sera, una buona opportunità per occupare uno dei tre giorni di vacanza a casa. Quindi per quell’informale impegno preso con noi stessi non potevamo girarci dall’altra parte e far sì che il fresco artificiale ci riportasse nel mondo di Morfeo.
La strada la conosco molto bene visto che in quel paese della Valsugana ho speso fatica, ho trovato gioia, ho incontrato amori, ho patito delusioni. Lì sono cresciuto canoisticamente e umanamente e nel mio inconscio ci devono essere scritte tante di quelle storie e aneddoti da riempire molte pagine del libro della vita.
Valstagna è lunga e stretta sulla destra del fiume Brenta, gioia e dolore della sua gente. La chiesa è il confine naturale tra il centro e la periferia, tra il commercio e lo svago, tra il lavoro e lo sport, tra il vociare festoso e il soave e piacevole rumore delle competizioni di canoa. Ed è proprio una voce conosciuta sparata dagli altoparlanti ad accogliermi e rituffarmi indietro nel tempo: “Fabio Baravelli sul traguardo, il suo tempo… eccezionale, Fabio Baravelli”.
L’amarcord è già scritto! Bene. Fabio Baravelli lo associo d’istinto ad un pulmino giallo con la parte posteriore adibita a letto per riposare nelle lunghe trasferte. Era questo il mezzo del Canoa Club Trebbia alla fine degli anni ’70 e citando questo strumento di trasporto necessario per muoversi da gara a gara, diventa inevitabile parlare congiuntamente di Parenti, Capuzzo, Montruccoli e Sbaraglia. Mi è rimasta fissa l’immagine di questo gruppo di ragazzini diretti da quel saggio uomo di Parenti che se la memoria non mi tradisce dovrebbe rispondere al nome Fabio. Che società il C.C.Valtrebbia, che, per molti anni, ha portato avanti un forte spirito d’avventura e competitivo! Puro ed integro quello spirito è rimasto nel cuore e nella passione del cinquantenne Baravelli che nasce kayakista, con ottimi risultati da junior, per trasformarsi in pagaiatore in ginocchio da senior. Poche cose nella vita sono certezze una di queste è la fede canoistica del “Bara” come tutti noi lo abbiamo sempre chiamato. Lui imperterrito alla ricerca di una perfezione tecnica che deve essere ancora fatta propria; lui, che in una intervista da me fatta, confessa di non ricordare a quando risale la sua prima partecipazione alla gara internazionale dell’Enza: forse il ’78, ma potrebbe essere quella del ’76! Suo, allora, compagno era quel gran fenomeno di Marino Capuzzo, il papà Dino era per noi giovani un punto di riferimento visto che non usava mezzi termini nel dirti quanto valevi o se invece non ti tiravi avanti. Dino uomo schietto e uomo di vita. Il figlio, Marino, tornando dalla trasferta negli States nel 1989 mi illuminò quando intercettai un suo biglietto da visita che aveva appena regalato ad una bella signorina sua compagna di bracciolo in aereo. C’era scritto: Marino Capuzzo – fisico nucleare e seguiva telefono e indirizzo completo. La cosa mi stupì non poco, poiché conoscevo il suo excursus scolastico, mi guardò e mi disse: perché non ho un fisico nucleare? Ecco perché ogni volta che noi ci rincontriamo e incrociamo gli sguardi lui mi mostra sempre il suo ancora fisico nucleare! Di Montruccoli ho perso le tracce o meglio si fermano ad alcuni anni fa quando lo vidi in sella ad una canoa e mi confessò che era stato trascinato dai vecchi compagni di club alla ricerca dei fasti passati. Chi di belle ne ha da raccontare è l’altoatesino Hansyorg Mayr, apprezzato oggi dal settore discesa per il lavoro che sta portando avanti come consigliere federale. Di questo possente atleta - anche oggi l’ho visto prodursi in una azione che voleva rinverdire i vecchi tempi - ho un ricordo datato 1982 sul fiume Stura ai campionati italiani senior. Dopo la prima manche ero a pochi centesimi da Urbano Ferrazzi. Ero al mio secondo anno in categoria e già trovarmi in quell’idillio temporale mi sembrava aver toccato con un dito il cielo. Lui mi si avvicinò, mi fece i complimenti e mi disse: “nella seconda discesa devi provare il tutto per tutto, parti più forte su quello scatto iniziale puoi recuperare”. Così feci, ricordo ancora la fatica di quella partenza fuori dai blocchi che pagai da lì a poco alla prima risalita. Mayr è un altro di quegli innamorati terminali della canoa: è la passione unita alla voglia di dimostrare ancora il suo valore atletico. Con lui ultimamente ho avuto modo di confrontarmi ed esprimere le mie perplessità, con dati alla mano, sulle difficoltà della canoa italiana, ma la scelta di scuderia è quella di passare l’idea che tutto va bene e che non ci sono problemi!
Chi invece abbandonerà questa vita seduto su un kayak da discesa è sicuramente il mio amico Andrea Giacoppo, che della gioventù mantiene ancora il capello lungo e la voglia di pagaiare una volta di più. Lui quando passa emette una sorta di gemito, un urlo che si concretizza ad ogni pagaiata, lui che con la testa bassa non molla mai, mettendo in fila ancora oggi molti giovani che, cercando di seguirlo, hanno però abbandonato questo meraviglioso mondo di “pazzi scatenati”.
Uno dopo l’altro passano molti compagni di un tempo, gli atleti che rimarranno tali nello spirito fino all’ultima pagaiata; e allora Bettinazzi, Pavan – pagaiatore che trova il suo meglio sulle lunghe distanze - Simonelli, Cenzon - polivalente tra kayak e canadese con il suo compagno e fedele Raniero - Campana di fede slalomistica e ora ai suoi esordi in discesa. Poi ancora Orazio Manzo, la freccia del sud, che al suo passaggio fa scatenare la gioia delle gentili donzelle, Paolo Negri puntuale come sempre al via, Lorenzo Molinari tesserato per uno tra i club fondatori della canoa italiana in Italia: il Cus Milano. Non poteva neppure mancare l’ingegner Mori, già campione del mondo con il dragon boat, che oltre a praticarla, la canoa, l’ha creata, plasmata e col suo genio, con i suoi studi e l’esperienza ha passato innumerevoli serate a modellare e modificare sezioni di imbarcazioni.
Raffy, che fatica a seguire la gara per il grosso numero di partecipanti, richiede attenzione e allora mi cambio, infilo la mia barchetta da slalom e discendo con lui, nella pausa tra la prova individuale e quella a squadre, il campo da slalom e ci inabissiamo su un Brenta con poca acqua, ma con tanti ricordi.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Commenti

  1. Grazie Ettore... mi ha fatto molto piacere leggere il tuo articolo .. bei ricordi
    Marino fisico nucleare..un grande

    un caro saluto
    Marco Montruccoli

    RispondiElimina
  2. buongiorno, lei ha un contatto email di o telefono di fabio baravelli? sto scrivendo un libro sulla val trebbia, mi servirebbe un suo contatto ma non riesco a trovarlo. Grazie, Franco Riva

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari